Alla Barracciu 64 voti su 155. Elezione contestata ed è rissa

La Regina conquista una corona precaria, che non placa anzi lo scontro nel Pd. E ai soriani lo scacco matto della segreteria riesce solo a metà, con un’elezione contestatissima. Dopo mezza giornata di votazioni, Francesca Barracciu apre l’urna e non ci trova altro che i voti dei fedelissimi del governatore: 64 preferenze su un totale di 72 schede. Altre 4 vanno a Giuseppe Pirisi, il secondo candidato, che però neppure partecipa al voto. «Proclamo segretario Francesca Barracciu», sentenzia Roberto Deriu, presidente d’assemblea dal pugno di ferro, accusato dall’area Cabras di arbitrare a senso unico. Contro la proclamazione, quasi sicuramente, ci saranno ricorsi. «E forse già giovedì annunciano i cabrasiani Tore Corona ed Elio Corda la reale maggioranza del partito si riunirà per eleggere un vero leader e sfiduciare Deriu». Ci si potrebbe trovare presto con due segretari, e già ieri notte qualcuno diceva: «Bisogna cambiare le chiavi della sede di via Emilia». Come neanche nelle peggiori previsioni. La parte del Pd vicina all’ex segretario, Antonello Cabras (ieri a Roma), non riconosce l’elezione di Barracciu, perché al voto ha partecipato meno della metà dei 155 delegati dell’assemblea. Ma le regole statutarie non sono chiarissime, quindi il nodo sarà sciolto dal comitato di garanzia nazionale. «Proprio loro chiarisce Deriu mi dicono che se io non proclamassi un segretario si dovrebbe sciogliere l’assemblea». Di certo per i soriani resta lontana la maggioranza assoluta della costituente, fissata a quota 78. Il Pd è spaccato più che mai: «Non posso certo riconoscermi attacca Emanuele Sanna in un partito guidato da un segretario proclamato in modo illegittimo. Un fatto senza precedenti nella nostra vita democratica». Dall’altra parte, per Marco Meloni «una maggioranza si è espressa, ma credo che sia giusto trovare maggioranze ancora più ampie. Siamo chiamati tutti a un grande senso di responsabilità». Finora però tutti i tentativi di mediazione sono finiti come nei film western popolati da indiani cattivi: quando l’ambasciatore sul suo cavallo andava a parlare dal capo Sioux, e tornava indietro solo il cavallo. Nella seconda giornata dell’assemblea più lunga del mondo, è lo stesso Tore Cherchi a tentare l’impossibile: convincere Renato Soru a un rinvio, fino a venerdì. Ma il breve colloquio pomeridiano tra i due non porta a nulla. Mentre Deriu apre il seggio, il governatore riunisce i suoi e respinge ogni proposta di slittamento. Anzi, da quel momento parte un pressing ancora più forte sugli indecisi. Soru pone una sorta di questione di fiducia nei suoi confronti: «Qua sono in gioco io, dovete partecipare al voto». Elenco dei delegati alla mano, Marco Meloni e Giulio Lampis passano in rassegna le truppe soriane e chiamano gli assenti da tutta la Sardegna. È davvero una giornata strana, a partire da Giuseppe Pirisi che si candida ma poi non partecipa al voto (il gruppo suo e di Siro Marrocu preferirebbe un rinvio). Altra stranezza, i candidati che parlano all’assemblea quando le urne sono aperte già da due ore. Francesca Barracciu esorta «i cosiddetti quarantenni a uscire dal rivendicazionismo e contribuire a portar fuori il partito da questa palude. L’avversario da battere non è qui, è il centrodestra». Pirisi invece, per evitare «una lacerazione profonda», propone l’ennesimo colpo di scena: «Francesca, ritiriamoci entrambi per promuovere una soluzione condivisa». L’appello cade nel vuoto, si va alla conta. La partita a scacchi degenera in rissa (verbale) al momento della proclamazione del segretario. «Cercherò di creare subito una nuova segreteria dice Barracciu appena eletta per riportare unità nel partito, attorno a Renato Soru presidente». Il coraggio non le manca, ma potrebbe non bastare.