Bettini: il segretario non si tocca

C’è voluto Bettini, Goffredo Bettini, l’uomo-ombra di Walter Veltroni, il suo inviato speciale a Cagliari, a rimettere un po’ di cocci al loro posto, in questo sbrindellato Partito Democratico Sardo. Non si sa ancora se l’opera di mediazione dell’ex presidente della Festa del Cinema di Roma (incarico che rimpiange) porterà a un risultato positivo, ma bisogna dargli atto che ce l’ha messa tutta, dopo aver ascoltato in religioso silenzio, accanto a Renato Soru che ha inviato un centinaio di sms, un dibattito non proprio entusiasmante sviluppatosi sulla grintosa relazione di Francesca Barracciu: mezz’ora e tanti sassolini espulsi dalle scarpe nere. Bettini ha chiuso i lavori della direzione del Pd poco prima delle 20,30 con una serie di «consigli» agli avversari della Barracciu, tutti assenti a eccezione del deputato Giulio Calvisi, una sorta di “emissario” di Antonello Cabras. Bettini è sembrato un po’ offeso per le assenze «nonostante i tanti incontri fatti prima di questa riunione» (gli ulivisti di Parisi però, come fa sapere Gavino Manca, Bettini non li ha contattati). Calvisi, nell’intervento, ha quasi sfidato gli elettori della Barracciu. «Se avete la maggioranza, dimostratelo». Questo, in pratica, l’invito dell’ex segretario dei Ds che si è cimentato in metafore incendiarie. «Avevate acceso un fuoco che si stava spegnendo naturalmente, ora ne accendete un altro». Per chi non ha capito, il fuoco che scemava è quello della (ri)candidatura di Renato Soru; il secondo incendio è la pretesa di controllare anche il partito. Goffredo Bettini ha confutato le tesi di Calvisi, apparso l’unico uomo-contro presente (Billia Pes ha teso la mano, terrorizzato com’è dall’ipotesi del commissariamento). Primo punto: in Sardegna si litiga meno che da altre parti (Torino, Venezia, Bologna), ma qui non c’è partito. Secondo punto: in Sardegna c’è un segretario eletto e poi legittimato anche dal «giudice naturale» (la Commissione di Garanzia); gli oppositori contestano questa elezione con 78 firme, ma sottolinea Bettini «non lo fanno con una proposta di un nome alternativo, ma solo per destrutturare, per demolire il segretario che c’è già». Altro punto: tutti sostiene sempre l’inviato speciale di Veltroni vogliono la conferma di Soru per la presidenza della Regione. Tutti o quasi. Già perché il giro d’opinioni compiuto da Bettini avrebbe trovato la sola opposizione del deputato Paolo Fadda, l’ultimo dei giapponesi anti-Soru. I consigli per l’assemblea regionale di sabato, allora. Fermo restando che la Barracciu non si tocca («anche questo è rinnovamento, eppoi non è mica la sorella di Soru…»), se ne può uscire con il coinvolgimento dell’altra parte del partito nella gestione unitaria. In pratica, è stata offerta alla componente Cabras una vicesegreteria, come esiste a livello nazionale eppoi da cosa nasce cosa. «Bisogna fare un passo in avanti, non indietro», chiude Bettini. Gli applausi si sprecano. Senza cravatta (ormai la usa pochino), Renato Soru resta silente. Approva, ma tace. Si apparta un attimo con Salvatore Ladu, attentissimo per tutta la sera. Roberto Deriu si scaglia con eloquio sciolto e colte citazioni contro chi ha presentato ricorso in tribunale: «Questo è un partito che deve pensare al consenso popolare e non alle quote azionarie». In platea il popolo di Progetto Sardegna che fu. Cioè il pragmatico Chicco Porcu, Stefano Pinna, la deputatessa Caterina Pes, l’elegante signora Cirina, Mario Bruno. Quindi Marco Meloni, Antonio Biancu, Giuseppe Luigi Cucca, Franco Sabatini. C’è anche mezza giunta (Dadea, Morittu, Secci, Rau, Broccia), parlamentari in ordine sparso (Gian Piero Scanu, Francesco Sanna), Ecco Emanuele Sanna che prende appunti con la sua grafia minutissima; Silvio Cherchi; un altro Silvio, cioè Lai, segretario in potenza. Insomma, c’è di tutto un po’. E fuori, nell’afa cagliaritana di fronte alla sede di via Emilia, Graziano Milia, abito blunotte, parlotta e si informa. E lei, la Barracciu? Convince anche qualche scettico con una relazione tosta. Camicia bianca su jeans aderentissimi, imposta la voce e comincia a difendere il Pd e se stessa. Ribadisce molti concetti espressi ieri nell’intervista che ci ha concesso. Piace al suo popolo quando sottolinea con enfasi che «il Pd deve spiccare il volo» e dice basta «agli ex, alle classifiche» rimarcando che «siamo tutti uguali, tutti democratici». Aveva cominciato così, alle cinque della sera: «Sento l’importanza della giornata di oggi che considero un momento di raccoglimento politico dopo lo spettacolo indegno offerto di urla e ricorsi alla magistratura. Ho trovato un partito che non c’è e ora bisogna recuperare il tempo perduto dal 14 ottobre scorso». E slogan finale non lascia spazio a dubbi: «Torniamo a fare politica». (a.di.)