Prove “giovanili” di convergenza
Un “pacchetto giovani” che parta dalle questioni legate alla formazione e all’università per allargarsi ai temi caldi del lavoro e del welfare: potrebbe essere questa la “piattaforma” di una convergenza possibile sulle “cose” concrete. Una convergenza targata dem e basta.
Non è un mistero che nei mesi scorsi dentro il Pd se le siano date, anche di santa ragione, sui problemi dei contratti, del lavoro flessibile, dell’articolo 18, con annessi e connessi. Anche sulla riforma Gelmini non tutti la pensavano allo stesso modo.
Ora, a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, due iniziative democratiche incentrate sui giovani, organizzate da giovani di diversa provenienza, ma con la partecipazione costruttiva dei “vecchi”, potrebbero far segnare un punto di approdo positivo alla dialettica interna.
Dietro le quinte, si comprende che entrambe erano state pensate e messe in piedi in modo autonomo, senza che i rispettivi organizzatori si fossero parlati. Una volta che le macchine sono partite a pieno ritmo, però, si è capito che il punto d’approdo non sarebbe stato così diverso e che le tematiche trattate erano complementari.
La prima iniziativa, che si è svolta martedì scorso, organizzata dal lettiano Marco Meloni, responsabile riforma dello stato, università e ricerca del Pd, riguardava principalmente le questioni della formazione e dell’università: tra gli invitati Antonio Aloisi, primo firmatario della “lettera dei ventenni” del Corriere della Sera, e poi il portavoce del Forum nazionale dei giovani, la responsabile delle politiche giovanili della Cgil e altri rappresentanti di mondi giovanili e universitari, anche politicamente diversi tra loro.
Obiettivo: a partire dalla convinzione che il diritto allo studio è il principale volano della mobilità sociale, portare il tema dentro il tavolo sulla riforma del mercato del lavoro. Tra i big “maturi” intervenuti: Tiziano Treu, Massimo Livi Bacci e Cesare Damiano. Quest’ultimo è anche l’animatore, con il responsabile economico Stefano Fassina e i Giovani democratici, dell’iniziativa – presentata ieri e che si svolgerà nella giornata di sabato – tutta dedicata alle forme contrattuali e al mercato del lavoro.
Anche qui l’obiettivo è quello di essere interlocutori del governo sulle principali questioni in campo, articolo 18 compreso, sul quale i giovani dem hanno una loro proposta: in caso di licenziamento senza giusta causa, lasciare al lavoratore la scelta di rivolgersi al giudice per chiedere il reintegro (con riduzione dei tempi del processo), accettare un’indennità economica in rapporto all’anzianità, o scegliere un contratto di ricollocazione secondo un percorso pagato dall’azienda.
Alla giornata di sabato i giovani “di sinistra” hanno invitato anche un rappresentante di Italia110, la costola del dipartimento università (tendenza “liberal”). «Qualcuno andrà», assicura Marco Meloni, che ritiene si possa provare a mettere insieme un «pacchetto giovani» che contempli da subito la richiesta al governo di un potenziamento del sostegno agli studenti per l’Erasmus e gli alloggi. È infatti in dirittura di arrivo il decreto attuativo sul diritto allo studio.
“Liberal” e “socialdemocratici”, allora, potranno lavorare insieme? Non ha dubbi Damiano: «Si tratta di due iniziative del Partito democratico che dovrebbero convergere nel momento in cui affrontano il tema del lavoro dei giovani. L’importante è che il governo metta a disposizione le risorse sufficienti. Dalla riforma Fornero sulle pensioni si risparmieranno oltre 15 miliardi l’anno dal 2015: una parte di questi risparmi va investita nei giovani e negli ammortizzatori sociali».