Quote arancioni per i giovani

Lui la butta lì. Quote arancioni. Un tot di posti per la generazione che ha meno di quarant’ anni. » un appello disperato, un urlo nel silenzio. Filippo Del Corno, 37 anni, compositore, dice che si è stancato di aspettare. Largo ai giovani per legge, è il suo slogan. «Nel mondo che conosco, quello del teatro e della musica, ogni ricambio è bloccato. Bisogna favorirlo in tutti i modi, o diventeremo il paese che non ha fiducia nei giovani». L’ ultima provocazione di chi in Italia si sente anagraficamente specie da proteggere è un marchingegno legislativo, tipo quote rosa. Il messaggio non è al Wwf, ma alla politica: «Nel settore della cultura, che è pubblico, noi non esistiamo. Nomine e finanziamenti premiano soltanto le rendite, la gerontocrazia al potere», spiega Umberto Angelini, organizzatore di eventi e festival teatrali. Bisogna fa ripartire un meccanismo inceppato, sostiene. «L’ alternativa è quella di sparire nel confronto con il resto d’ Europa». Prove generali di ricambio generazionale. Tutte ne parlano, nessuno lo fa. Milano s’ inventa lo scenario giusto.

Salone della Triennale, luogo d’ avanguardie e sperimentazioni. Oggi debutta la rivoluzione gentile dei trenta-quarantenni. Si candidano da soli alla guida del Comune, né con la Moratti né con l’ ex prefetto Ferrante, chiedono spazio alla vecchia politica, vogliono decidere il futuro senza subirlo. Cesare Fracca, imprenditore, leader di un movimento che da lobby è diventato lista civica, comunica il sogno di una generazione alla finestra, quella che lo scrittore Aldo Nove definisce «fregata e incastrata dalla storia», rassegnata a delegare, a non chiedere mai: «Siamo stanchi di vivere in immersione, lasciando ad altri il compito di decidere la nostra vita. Destra e sinistra sono concetti superati, noi portiamo idee e progetti per vivere meglio, cominciando dalla nostra città». L’idea delle «quote» è laterale, segnala un malessere, fiancheggia il movimento che ha un sito internet, un blog e le sciarpe d’ordinanza.

E’ un avviso ai naviganti della politica, già raccolto dal sociologo Filippo Andreatta , teorico del futuro partito Democratico. «Siamo una generazione che per la prima volta guarda il futuro immaginandolo peggio degli altri quando avevano la nostra età», ammette Angeloni. Fracca va più sul concreto: «Noi non chiediamo quote, ci buttiamo nella mischia convinti delle nostre idee che riguardano tutti, dai bambini agli anziani. Dovessi indicare un riferimento ideale, nelle politica, direi Ciampi, il presidente della Repubblica. Un ottantenne con lo spirito di un ragazzino, coerente, perbene, con gli stessi nostri ideali». Dovete essere scomodi, gli ha detto l’ economista Francesco Giavazzi, uno degli invitati ai forum che per un anno sono stati il laboratorio del movimento. Puntano su un patto tra generazioni: «Fuori dalla politica siamo ignorati – dice Fracca – adesso dovranno fare i conti anche con noi». Velleitari, dice qualcuno. O sognatori, sganciati dalla realtà. No, spiega Del Corno, stiamo segnalando un problema concreto. «Nel mondo che conosco, quello dei teatri e degli enti lirici, dove decide la politica, ci si affida alla nomenklatura. Alla Scala arriva il ventottenne Harding, ma i suoi coetanei italiani vengono lasciati in cantina. » imbarazzante il confronto con l’ estero. Per questo ho pensato alle quote e agli incentivi da parte dello Stato ai teatri che affidano la gestione artistica a persone che hanno meno di quarant’ anni». Si può discutere. «Viviamo in un paese che si sta accartocciando nella gerontocrazia», dice Andreatta, che con altri politologi ed economisti spinge per un rimescolamento delle carte. «Ma li vedete i nostri candidati premier? Sono gli stessi di dieci anni fa. Senza uno choc non ci sarà mai un ricambio della classe dirigente». » un mugugno che emerge, nella routine di una politica che si fa soltanto in tv. «Abbiamo la colpa di essere stati troppo a guardare, il confronto con chi ci ha preceduto è spaventoso, ci hanno lasciati con le casse vuote e un debito pubblico mostruoso», bofonchia Angelini. Che su un muro di Milano ha letto questa frase: «Il futuro non è più quello di una volta». Urge provvedere.