Renzi: «Se il governo non fa ciò che chiediamo noi, finish»

Renzi: «Se il governo non fa ciò che chiediamo noi, finish»

Letta-Renzi«Dopo l’8 dicembre, nulla sarà più come prima. La pazienza è finita, finora ho fatto il bravo ma la pazienza è finita Pd ha ora la maggioranza assoluta della maggioranza delle larghe intese: se non si fa quello che chiediamo noi, a cominciare dalle riforme istituzionali e dalla legge elettorale, finish. Non ci faremo più prendere in giro dal governo su riforme e legge elettorale». Matteo Renzi probabilmente pensava di non essere stato abbastanza chiaro domenica, alla convention del Pd che ha proclamato i risultati dei congressi locali («dal 9 dicembre il governo deve usare le idee del Pd», aveva detto all’unisono con il suo competitor Gianni Cuperlo). Quindi ieri ha ribadito il concetto durante una manifestazione
elettorale a Prato: una sorta di aut aut al governo. La rincorsa dei candidati alle primarie
del Pd a prendere le distanze dal governo di coalizione con il centrodestra era stata messa in conto, d’altra parte, a Palazzo Chigi.

Il premier considera in parte fisiologici certi toni a ridosso del voto, e come è nel suo stile ormai da mesi si morde la lingua. Insomma deve chiarirsi il quadro: prima l’uscita di Silvio Berlusconi dal governo, poi la proclamazione del nuovo leader del Pd.
A Palazzo Chigi sono convinti che dopo 1’8 dicembre Renzi dovrà cambiare strategia. L’obiettivo di Letta resta sempre quello di chiudere la finestra elettorale della
prossima primavera per poter agganciare così il semestre di presidenza italiana della Ue nella seconda metà del 2014.E vari fattori convergono sulla soluzione della
più o meno pacifica convivenza tra premier e neosegretario del Pd. Intanto la questione dei gruppi parlamentari, in maggioranza schierati contro Renzi nella dinamica congressuale come non sí stancano di ripetere i lettiani, a cominciare da Marco Meloni.

Vero è, come dice il renziano Paolo Gentiloni, che dopo la proclamazione del nuovo segretario gli equilibri cambieranno. «Le correnti di partito non si sciolgono d’incanto ragiona Gentiloni ma non c’è dubbio che una leadership nuova e forte avrà influenza al di là della tassonomia delle correnti. È fisiologico». Fisiologico, aggiungiamo noi, se non altro perché sarà il nuovo segretario del partito adire l’ultima parola sulle candidature alle prossime politiche. Resta però il fatto politico che anche molti dei dirigenti e dei parlamentari che appoggiano Renzi a cominciare dal ministro Dario Franceschini lo fanno nell’ottica del sostegno al governo guidato dall’ex vicesegretario del partito Letta e “protetto” dal un capo dello Stato espressione del Pd come Giorgio Napolitano.

Il segretario in pectore sa bene che il gruppo parlamentare non lo seguirebbe ora sulla strada di una rottura con íl governo, così come non lo seguirebbe una parte dell’elettorato.
L’unica via che ha davanti Renzi, se non vuole portare il Pd appena conquistato a una drammatica spaccatura, è dunque quella della convivenza con il premier. La nuova maggioranza che verrà a formarsi nelle prossime ore con l’uscita di Fi dal governo vedrà certo il Pd in posizione dominante, e Renzi potrà usare questa posizione di forza per “dettare” l’agenda. E viste le poche risorse a disposizione sul fronte dell’economia, il neo segretario ha già fatto capire che punterà molto su legge elettorale e riforme istituzionali per la sua strategia di “pungolo”. «Chi va a votare 1’8 dicembre sappia che noi vogliamo cambiare la legge elettorale», ha incalzato ieri sera da Prato. «Ci vuole una legge elettorale con cui chi vince, vince, e chi vince governa e governa per cinque armi».

Un “pungolo” che potrebbe anche tornare utile, ragionano a Palazzo Chigi, purché si lasci da parte il «benaltrismo»: dallo stop al finanziamento ai partiti (approvato alla Camera ma che incontra resistenze trasversali in Senato) alle riforme istituzionali fino appunto ad una legge elettorale che produca una maggioranza certa, i punti elencati da Renzi sono
già nell’agenda del governo. Renzi è atteso al varco, e per lui sarà un gioco di equilibrismo
non farsi schiacciare dal governo di larga coalizione senza arrivare a rompere. Lo ammette proprio Gentiloni: «È tutto ancora da valutare se l’uscita di Berlusconi dalla maggioranza renda più facile o più complicato l’appoggio del Pd al governo Letta Da un certo punto di vista dovrebbe essere più semplice sostenere una maggioranza deberlusconizzata e più coesa politicamente. Ma con Berlusconi che picchia da fuori, assieme a Grillo, sul tasto populista antieuropeo, e Alfano che condiziona da dentro l’azione del governo, lo spazio per il Pd potrebbe rimpicciolirsi troppo».
Em.Pa.

 

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