Al Senato con La Margherita. Per passare dal dire al fare

Ho accettato la candidatura al Senato, con la Margherita, circoscrizione Sardegna. Lo dico subito: in una posizione abbastanza in basso della lista da non correre rischi di elezione, e quindi di lasciare ad un terzo del percorso di legislatura il Consiglio Regionale, dove invece ci sono moltissime cose che vorrei ancora fare.

Serve qualche spiegazione, che non sia il solito richiamo allo “spirito di servizio”. Sono candidato per dire più forte ed in più occasioni alcune cose in cui credo, e che sto cercando di realizzare per la responsabilità che mi compete e nella dimensione sarda.

Dire che trovo la legge elettorale nazionale con cui voteremo – ultimo ed avvelenatissimo regalo del centrodestra – decisamente ripugnante. Essa produce molti cattivi effetti: maggioranze di governo risicatissime e in alcuni casi impossibili, parlamentari scelti “a tavolino” ed in sedi molto lontane dalla Sardegna, nessuna possibilità di scelta all’interno delle liste da parte dei cittadini, cancellazione di un forte legame dell’eletto (ma sarebbe più giusto dire del nominato) al territorio che lo esprime.

Dire dunque che il moto di autoconservazione che questo sistema elettorale ha provocato all’interno di tutte le forze politiche va respinto, con l’immediata cancellazione della legge ad inizio di legislatura. Occorre una nuova stagione di Buona Politica e di Buone Istituzioni, rimarginando le ferite inferte alla Costituzione da quella brutta riforma che va sotto il nome di “devolution”.

Dire che subito dopo le elezioni dobbiamo iniziare a fare passi veri per la costruzione del partito Democratico, recuperando molte esperienze giovani alla politica.

Dire che ci impegniamo con Romano Prodi, ed il progetto realistico frutto di quel grande lavoro fatto nella “Fabbrica del Programma”, a combattere il declino del nostro Paese e quindi a dare un nuovo slancio ad uno sviluppo vero, che diffonda il lavoro dove non c’è e ristabilisca i valori essenziali che in questi anni abbiamo visto combattuti: pagare tutti tasse giuste e non premiare gli evasori con i condoni; difendere il risparmio ed i risparmiatori dai tanti “furbetti del quartierino” che si annidano in un sistema economico che vede con fastidio regole e concorrenza; rilanciare le condizioni perché l’industria, il saper fare, rimanga in Italia ed in Sardegna.

Dire che la scuola, l’università e la ricerca ci servono come l’aria che respiriamo, se vogliamo respirare l’aria di un paese moderno.

Dire che un Governo serio deve mantenere i patti con la Sardegna, e non imbrogliare sui soldi che le deve, togliendole possibilità di fare buone politiche nella sanità, nella scuola, nei servizi sociali, nella formazione professionale, nell’agricoltura, nell’artigianato.

Dire che non è più tollerabile un’Italia divisa dalla ingiustizia sociale e dalla regressione di milioni di famiglie con la paura che alla terza settimana del mese salari e stipendi siano finiti.

Dire che il Mezzogiorno e la Sardegna devono ritornare ad essere un punto centrale dell’azione del governo nazionale, dimenticando i diversivi e gli illusionismi modello “Ponte sullo Stretto”.

E vinte le elezioni, passare dal dire al fare.

Francesco Sanna

Cagliari – Iglesias, 4 marzo 2006

http://www.francescosanna.net