Arriva dalla base la lezione ai vertici del Pd. Circoli autoconvocati «per farlo (ri)nascere”

Qualcosa si muove, dentro il Partito democratico: a piccoli passi ma con segnali importanti. Arrivano dalle infinite riunioni (ieri in tarda serata l’ultima) dei consiglieri regionali in via Roma? No. Dalla segreteria o dalla direzione regionale? Nemmeno, a parte l’organizzazione del viaggio a Roma per la manifestazione di sabato prossimo contro il governo Berlusconi. Niente di tutto questo: si muovono i circoli e propongono, discutono sui punti di contrasto, si danno nuovi appuntamenti. Senza aspettare input dall’alto per vivere dentro il Pd. O per rianimarlo, dipende dai punti di vista. Il secondo, molto comprensibile, è quello della base: che si è data appuntamento a Cagliari, al teatro Sant’Eulalia, lunedì pomeriggio – un giorno prima del primo compleanno dei democratici isolani – per discutere sulla svolta necessaria «per far (ri)nascere il Pd sardo».

Niente folle oceaniche – nella struttura della Marina ci saranno state un centinaio di persone e tanti giovani – ma soprattutto «la soddisfazione di aver avviato una discussione che dovrà proseguire», spiega Egildo Tagliareni per il circolo organizzatore, il “Franco Oliverio”. Nessuna decisione sottoscritta, nessun documento conclusivo: l’obiettivo dichiarato non era questo. Però alcuni punti in comune (erano presenti il “Vandana Shiva”, il “La Palma”, il “Berlinguer” e i rappresentanti del circolo di Settimo San Pietro) che potrebbero diventare una sorta di base programmatica da proporre alle alte sfere: il primo è che «manca il rapporto tra la base e i dirigenti: loro sono isolati, e qualunque dirigente isolato sbaglia».

Niente di trascendentale: dalla base ripropongono quelli che erano i presupposti della nascita del Pd a tutti i livelli. Tutta roba che qui in Sardegna sembra essersi dimenticata. Se è un caso che l’assemblea arrivi a un anno esatto dalle primarie che portarono Cabras alla segreteria, «non è un caso che il partito sia in questa situazione». Che è quella dell’«addormentato», per usare un eufemismo, e neanche tanto bello. Non manca il coraggio, a questi giovani, soprattutto perché sanno di avere ragione: «Sappiamo di chi è la colpa. Non c’è ancora uno statuto e non ci sono regole condivise. Non esiste una nuova struttura organizzata e radicata nel territorio, mentre quelle esistenti sono state liquidate. Non sono state promosse le costituzioni dei circoli. Non ci si può iscrivere al Pd, in Sardegna».

Perché? La risposta è tanto semplice quanto imbarazzante per i destinatari: «L’assemblea regionale ha fallito i suoi obiettivi ed esaurito la sua rappresentatività politica. Si è gradualmente trasformata in una direzione politica chiusa in se stessa e senza rapporto con la base, dove maggioranze e minoranze si compongono e scompongono senza vincoli rispetto alla proposta presentata ai democratici sardi alle primarie». Ce n’è per il vecchio segretario ma anche per la Barracciu, la cui elezione è stata possibile grazie a una «maggioranza mista tra chi aveva perso il 14 ottobre e una parte che aveva vinto»: e nel frattempo, con il suo arrivo, le cose non è che siano migliorate.

Anzi. Però c’è anche il tempo di ripartire e ripartire dalle basi «prima di sprecarne tutto il potenziale»: l’impegno, da quella parte, c’è tutto ed è messo in campo da persone che studiano o lavorano: mica politici di professione o funzionari di partito. Allora «basta con l’assemblea chiamata a ratificare decisioni preconfezionate in riunioni ristrette nelle stanza accanto», passaggio questo sottolineato anche da Filippo Spanu, «basta con le decisioni prese a tavolino dai soliti noti»: quello che serve è allargare la discussione ai futuri iscritti, al tessuto dei circoli, senza «farsi le guerre interne» ma dando alla gente «la possibilità di decidere sulle cose che contano».

Altro punto fermo, praticamente per tutti, è il discorso sulle regionali 2009: con il sostegno a Renato Soru candidato «per il buon lavoro svolto in questi cinque anni», sottolinea Tagliareni, «ma anche perché chi non era d’accordo non è stato in grado di mettere in campo un’alternativa migliore». Adesso è tempo di «schiarirsi le idee: di quali contenuti riempiremo quella candidatura? Quali argomenti opporremo ai nostri avversari? Il partito promuova da subito le iniziative per discutere il programma e organizzare la campagna elettorale. Con il contributo di tutti e per il bene dell’isola, vinceremo di nuovo».

Chicco Porcu, consigliere regionale vicino al presidente della Regione, propone di ripartire da quanto si è fatto di buono, anziché guardare alle cose che non hanno funzionato o sarebbero potute andare meglio: sulla bilancia, il primo pesa molto più delle seconde; Filippo Spanu, che continua a premere per le primarie anche per il candidato presidente, punta su argomenti forti da affrontare in maniera approfondita: l’esempio, proposta per un lavoro tematico, è quello del federalismo fiscale che interessa da vicinissimo la Sardegna. Perché ci sono anche i “grandi” tra questo centinaio di persone: Porcu, Spanu, Marco Meloni, Giovanna Cerina, Silvio Cherchi e la deputata Amalia Schirru: «Magari non perché tutti condividono le posizioni della base», dice Tagliareni, «ma perché riconoscono che è necessario il suo coinvolgimento».

Due – Cherchi e Schirru – sono legati all’area Cabras, che contemporaneamente era riunita a Santa Cristina per l’ennesima riunione di corrente. Un bel segnale, non c’è che dire: magari saranno trasaliti alla proposta dei rappresentanti del “Franco Oliverio” – niente liste precostituite, niente deroghe per le ricandidature all’assemblea e, soprattutto, primarie anche per i consiglieri regionali – però erano lì presenti ad ascoltare. Prendere appunti, magari, per riportare i messaggi ai colleghi più snob: c’è da discutere, ma almeno si riparta.