Enrico Letta: «Libertà, Natalità, Mobilità: le mie idee per il PD»

Ci crede. E promette: se divento segretario, esco dal governo. L’uomo del dialogo, il braccio destro di Romano Prodi, respinge i cattivi auguri di Berlusconi al governo e dichiara: Il Partito democratico è la vera novità sulla scena politica, il resto è roba vecchia. Enrico Letta, 40 anni, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, uomo della Margherita, ha scelto di correre contro Walter Veltroni e Rosi Bindi per la carica di leader del Pd. Prepara le “primarie delle idee” a Piacenza, incassa con soddisfazione l’appoggio di Francesco Cossiga, presenta un libro sulla sua avventura: «Rischio in prima persona, posso bruciarmi». Su Soru e la sfida sarda per la leadership del nuovo partito, è categorico: «Nessuna imposizione romana, il segretario lo decideranno i democratici sardi».

Berlusconi sostiene che il governo cadrà in autunno.

L’opposizione oggi esprime opinioni di dodici, tredici anni fa, non vedo alcun cambiamento. Berlusconi che ci dichiara morti, Bossi e le tasse, l’Udc che si indigna. Nessuna idea nuova, mentre l’unico sforzo di innovazione forte è il Partito democratico. Oggi Berlusconi appare in ritardo, e mi stupisce perché lui è sempre molto attento all’immagine.

Su alcuni passaggi complessi avete rischiato di cadere. Ma è davvero così difficile tenere insieme la maggioranza?

Le difficoltà ce le crea questa legge elettorale, che ci obbliga a coalizioni più larghe possibili. Una legge che vogliamo e dobbiamo cambiare, perché espropria i cittadini dalla scelta dei loro parlamentari. Ma su due temi ritenuti così difficili, le pensioni e la vicenda della Tav in Val di Susa, non siamo affatto caduti come il centrodestra sosteneva. Nel primo caso, con le firme di Montezemolo e dei tre leader sindacali abbiamo raggiunto un obiettivo straordinario. E sulla Tav abbiamo presentato, a fine luglio, il progetto del nuovo tracciato con l’accordo delle comunità locali.

L’attualità è anche la sfida a tre per la leadership del partito che nasce.

Stiamo facendo una sorta di congresso tra la gente, in piazza, chiunque partecipa e in una chiave totalmente democratica. Io, Veltroni e la Bindi rischiamo grosso in prima persona, rischiamo di bruciarci, ma è nel fuoco del dibattito politico che si creano nuove idee. Ecco perché mi sono candidato.

Come convincere il centro e la sinistra a votare per lei?

La mia campagna si fonda su tre parole: libertà, mobilità, natalità. Parole che vogliono far riflettere: siamo il Paese con il più basso tasso di natalità nel mondo, pensiamoci. E la parola libertà, il concetto stesso, non possiamo regalarla a Silvio Berlusconi e al centrodestra, dobbiamo riappropriarcene. E per mobilità indento sia quella sociale che fisica. Il lavoro che non ha certezze e i trasporti, settore troppo importante anche per la Sardegna.

In Sardegna Ds e Dl stanno per rivelare il loro candidato. Che non sarà Soru, in gara da solo.

Appoggerò Soru qualunque scelta voglia fare, ma in questa campagna elettorale la mia linea è netta: i segretari regionali si decidono nelle regioni, non a Roma. Devono essere i sardi a stabilire chi guiderà il partito in Sardegna, se questo non avvenisse, se non ci fosse una chiara autonomia nell’Isola, il Pd partirebbe zoppo. Con l’elettorato sardo, se ci fosse un’imposizione romana, si creerebbe una frattura.

L’intesa Stato-Regione non piace ai sindacati, si sentono messi da parte.

Il governo sta lavorando per la Sardegna, pochi governi hanno fatto così tanto e solo in quindici mesi. Il coinvolgimento dei sindacati c’è stato, continuerà nei prossimi mesi. Stiamo facendo il possibile, il mio messaggio vuole essere realista e rassicurante, i nodi possono e devono essere affrontati anche dalla Giunta in accordo col sindacato.